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HIKIKOMORI: fenomeno in crescita

E’ un fenomeno scoppiato in Giappone negli anni ’80 come reazione delle nuove generazioni che si opponevano alla rigida cultura tradizionale.  Hikikomori: fenomeno in crescita.

Hikikomori significa “stare in disparte”, evitare quindi qualsiasi contatto umano.

«Oggi riguarda più di un milione di persone, quasi il 3% della popolazione nipponica» spiega il professore Kunifumi Suzuki, docente di Psichiatria all’università di Nagoya. E aggiunge «..ma ci sono hikikomori anche in America e in Europa. Alla base c’è sempre una ferita. Il ragazzo evita o fallisce una prova per paura del giudizio degli altri. Questo porta a una tale vergogna, che chiudersi in casa diventa l’unica soluzione. Da quel momento è come se vivesse in stand-by».

Un allarme sociale che fa paura. Figlio dell’individualità e della non comunicazione. In Italia si stima che 30.000 ragazzi hanno smesso di avere rapporti sociali. Vivono rinchiusi nella loro cameretta, senza avere contatti neppure con i familiari.

Il professor Matteo Lancini, presidente della fondazione Minotauro, spiega che il rischio è il pericoloso aumento del fenomeno nel nostro Paese. Gli adolescenti, soprattutto maschi, smettono di andare a scuola dopo episodi di bullismo, bocciature o traumi personali. Si chiudono in casa e passano il giorno e la notte immersi nel web o davanti alla tv. Si nutrono poco e male. Si lasciano andare fino al completo abbandono di se stessi. Se abitano con i genitori si fanno lasciare il cibo fuori dalla porta. Se vivono soli fanno scorte di cibi in scatola.

Risucchiati dalla vita virtuale, questi ragazzi non vivono quella sociale. Con un rischio da tenere conto. Diventano incapaci di affrontare le difficoltà, le paure, i disagi e gli ostacoli della vita. Così un  ritiro silente e astratto, pare la migliore delle soluzioni. Questa sindrome metterà alla prova psicologi e psichiatri che vogliono trovare una soluzione al fenomeno.

Il fatto che se ne parli è positivo. Spinge i genitori ad alzare l’asticella dell’attenzione sui propri figli. Però, la vergogna soverchia la ragione.  Tacere e fingere di non vedere resta la soluzione ottimale.

Sono forse le pressioni sociali a spingere questi ragazzi all’isolamento? Il non sentirsi adeguati, conformi alla massa, identici ai coetanei?

I sogni di un ragazzo, che non ha certo il compito di essere adulto a 15 anni, si spezzano innanzi ad una realtà che ancora deve conoscere, sperimentare e capire. Se rifiuta la proiezione del sé verso un mondo, a suo pensare ostile, deciderà di isolarsi per sfuggire a un impegno che ritiene più grande di lui.

Ma sfatiamo qualche mito. L’hikikomori, il fenomeno in crescita, non è una dipendenza da internet. L’essere collegati 24h è solo un modo di comunicare dettato dall’isolamento, non originato da questo.

Non è uno stato depressivo. Lo ha stabilito dal Ministero della Salute Giapponese. Nel 2013 ha affermato che l’hikikomori NON è una malattia, come al contrario lo è la depressione.

Se poi vogliamo dire che dopo mesi di isolamento l’umore non può essere alle stelle, questo evidentemente si può affermare. Ma chi decide di isolarsi lo fa prima di sviluppare eventuali patologie, non è il contrario.

Hikikomori: un fenomeno in crescita.

Ho fatto una ricerca sfogliando le pagine di Hikikomori Italia. Le parole che ricorrono più frequentemente sono solitudine e tristezza.

Riporto l’inizio di una riflessione fatta da un ragazzo in risposta a ciò che sta vivendo. Bastano queste poche righe per capire come vive la sua solitudine. ”Io credo che avere vita sociale, una ragazza e degli impegni che ti riempiono le giornate sono cure si, ma solo in teoria. Quando si vive soli (ma nel vero senso della parola), cambia la testa. Quando si vive soli, il mondo te lo crei dentro di te. Capita che quando vedi gruppi di ragazzi o ragazze ti senti come un naufrago che vede una nave piena di gente dopo anni di esilio sull’isola.

Arrivano le vacanze estive e per chi è un hikikomori si prospetta un periodo molto difficile. Lo scrivono a chiari lettere nel forum dedicato al fenomeno. Dobbiamo continuare a parlarne. Probabilmente commettendo qualche errore, come avrò fatto io con questo articolo, ma dando visibilità agli invisibili.

La mia speranza è che si possa aiutare, chi vuole essere aiutato. Svegliare coloro che si fregiano di essere educatori. Quelli che rifiutano di fare meno matematica e più educazione sentimentale nelle scuole di tutto il mondo.

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