Real Life

Perché siamo ossessionati dalla felicità?

Una persona, a me cara, mi ha posto un quesito a proposito della felicità: “Perché ognuno di noi è costantemente alla ricerca della felicità?”

La risposta è semplice, perché, se la troviamo, sappiamo che staremo bene.

Le ricerche confermano che essere felici abbia una ripercussione sul comportamento e sul benessere generale della persona.

Questa ricerca prescinde dall’anagrafe o dall’età, dalla ricchezza o dalla cultura, pare piuttosto che la vera felicità si ottenga quando un’emozione segue il soddisfacimento di un bisogno o la realizzazione di un desiderio, qualunque esso sia, basta sia stato raggiunto con sacrificio e duro lavoro, altrimenti quell’emozione si chiamerà contentezza.

I risultati ottenuti senza fatica appagano all’istante, potremmo confonderla con la felicità, ma non lo è affatto.

Prima di approfondire l’argomento  chiediamoci che cosa succede ad una persona quando è felice.

Tutte le sensazioni corporee sono positive, anche il mondo circostante ci appare diverso, lo si descrive con termini colorati e significativi, l’organismo si riattiva con un’accelerazione del battito cardiaco, un aumento del tono muscolare,  entriamo, per così dire, in uno stato di calma e soddisfazione, siamo  a “riposo”.

Abbiamo parlato dell’essere come individuo a sé stante, per essere felici quindi gli altri sono esclusi?

No di certo, è un obiettivo dell’intero mondo.

Questo lo spiega anche la giornata mondiale della felicità, che non basa i risultati in funzione del reddito pro capite per nazione, ma con lo stato di benessere a cui ogni popolo e uomo aspira.

L’Onu ha istituito questa giornata, il 20 marzo, per certificare la rilevanza della felicità come obiettivo universale e aspirazione nella vita, di tutti gli esseri umani.

Continuo a parlare della felicità con il mio amico finché incalza con questa domanda:  “La vita è un sogno o sono i sogni che aiutano a vivere meglio?”

Che cosa c’entra con la felicità, gli chiedo. 

Ebbene, mi dice, questa risposta sarà forse illuminante.

“È evidente che i sogni aiutino a vivere meglio, ma soli risultano vani. Ti aiuterà questa metafora: immagina di essere una casa. All’interno, in ogni stanza, vive un sentimento: l’amore, l’odio,  la serenità, la tristezza, la speranza, la nostalgia, il rimpianto, la contentezza e così via.

Le due stanze più grandi sono occupate dal sogno e dalla realtà. La nostra vita è equilibrata nel momento in cui pratichiamo tutte le stanze, vivendo separatamente ogni sentimento.

A seconda dell’emozione vivrai lo stato equivalente, ma mancherà sempre qualcosa per affermare di aver raggiunto la felicità.

Arriverà solo quando il sogno e la realtà saranno la stessa cosa. Solo allora potrai abbattere il muro che li divideva per farli coesistere nella stessa stanza. In quel momento e solo in quel momento sarai felice”.

Il mio pensiero è un po’ più complesso rispondo,  lo vorrei condividere.

Vivere una vita appagata e piena di soddisfazioni non è solo un sogno, è una quotidiana responsabilità.

Come si raggiunge questo stato beato nella vita?

Attraverso degli strumenti che, se facciamo nostri, ci aiuteranno a raggiungere la felicità: limitare l’ego per esempio, imparare la legge della causa–effetto, condivide con gli altri, essere consapevoli.

Le leggi spirituali ci guidano, portandoci al completo appagamento di noi stessi in funzione degli altri.

Siamo talmente propensi a pensare sempre e solo a noi  che abbiamo perso di vista gli altri. Dovremmo comprendere che, il solo modo per conseguire la vera felicità, è sentire il dolore e il piacere degli altri condividendo realmente le loro esperienze.

Quello che ci indebolisce è lo spirito polemico, il giudizio, la gelosia, i pensieri negativi che proviamo, quando permettiamo ad un’altra persona di entrare nella nostra vita.

Provate a immaginare una stanza buia nella quale la fiamma di un’unica candela dà la luce.

Che potere volete che abbia quella candela di fronte alla quantità di buio nella stanza? Ma se da quella fiamma ne accendessimo altre centinaia, non solo la prima rimarrà integra,  tutte insieme scacceranno le tenebre.

Non crediamo di essere diversi gli uni dagli altri,  è forse l’intolleranza ad averci impedito di sentire il dolore delle persone, intorpidendo la nostra percezione non sentendo le loro sofferenze come fossero le nostre.

Le religioni hanno imposto regole e dottrine che ci incoraggiano a creder che siamo separati gli uni dagli altri, innescando nel nome di questa teoria distruzioni e guerre.

Eppure sono solo il nostro egoismo e la nostra passività a dividerci.  

Siamo tutti parte di una sola umanità e per essere felici non possiamo prescindere gli uni dagli altri, ma amarci gli uni e gli altri.

Essere felici significa sentire le stesse vibrazioni, vedere la luce negli occhi dell’altro, gioire per le vittorie e combattere  insieme per sconfiggere il male.

Per festeggiare questa giornata l’Onu ha scelto la canzone ” Happy” di Pharrel Williams, il cantante statunitense chiamato ad essere ambasciatore di felicità per il 2015.

Un sorriso felice a tutti, because I’m happy.

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